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PAOLO BETTINI
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Oggi entriamo nel mondo di uno degli eventi ciclistici amatoriali più emozionanti, incredibili e affascinanti: la Maratona dles Dolomites. E per rendere questo episodio speciale, siamo accompagnati da un ospite che ha lasciato un segno su questo evento e nel mondo del ciclismo, nonché una vera leggenda dello sport: Paolo Bettini.

Avendo partecipato alla Maratona per ben 13 volte, Paolo ci ha raccontato le sue storie e condiviso i suoi preziosi consigli e punti di vista per un ciclista amatoriale che si appresta a fare la Maratona per la prima volta.

Durante il nostro incontro abbiamo affrontato vari argomenti, tra cui la trasformazione dell'attrezzatura ciclistica di 15-20 anni fa rispetto a oggi.

Buon ascolto!

TOPICS COVERED & TRANSCRIPT

(00:00) Intro & Welcome
(01:24) Benvenuto!
(03:07) Maratona dles Dolomites (overview)
(05:27) La Maratona
(10:08) Umanità
(15:24) Alex Zanardi
(18:24) Pedalando con Andrea Berton
(21:42) Salita preferita di Paolo
(22:35) Impressionante in discesa
(23:57) Milano-Sanremo 2003
(25:00) Scendendo in sicurezza
(26:02) Freni a disco
(27:40) Rapporti agili per la Maratona
(32:14) Come vestirsi
(35:05) Salite e discese preferite
(36:55) Fine


PAOLO BETTINI
Utilizzare il freno a disco per staccare come staccano le moto e impostare le curve è una figata. Prima cercavamo di rallentare e arrivare nel momento giusto per girare…

SOREN JENSEN
Ciao a tutti, benvenuti nel podcast Castelli. Oggi abbiamo in programma un episodio straordinario per voi. È anche la prima puntata in italiano. Oggi entriamo nel mondo di uno degli eventi ciclistici amatoriali più emozionanti, incredibili e affascinanti: la Maratona dles Dolomites. E per rendere questo episodio speciale, siamo accompagnati da un ospite che ha lasciato un segno su questo evento e, specialmente, nel mondo del ciclismo. Ho avuto l'onore di incontrare una persona fantastica che ha vinto praticamente tutto nella sua carriera ciclistica su strada. Dai monumenti alle tappe in tutti i grandi giri, come il Giro d’Italia, il Tour de France, e La Vuelta. Una medaglia d'oro alle Olimpiadi di Atene e due campionati mondiali su strada. Sto parlando di una vera leggenda dello sport, Paolo Bettini.
Ci siamo seduti con Paolo la sera prima della Maratona per una chiacchierata sull'evento e sul tema di quest'anno “Umanitè” o umanità in italiano e cosa significa nel mondo del ciclismo. Avendo partecipato alla Maratona per ben 13 volte, Paolo ci ha raccontato le sue storie e condiviso i suoi preziosi consigli e punti di vista per un ciclista amatoriale che si appresta a fare la Maratona per la prima volta. Durante il nostro incontro abbiamo affrontato vari argomenti tra cui la trasformazione dell'attrezzatura ciclistica degli ultimi 15-20 anni rispetto ad oggi e tante altre cose. Mi chiamo Søren Jensen, responsabile Marketing Castelli, e insieme iniziamo un emozionante viaggio nel cuore e nell'anima di questa Granfondo concepita 36 anni fa da un piccolo gruppo di ciclisti italiani. Ma prima di cominciare l'intervista con Paolo vorrei darvi un resoconto completo dell'evento e dei tre percorsi. Sin dalla sua creazione la Maratona è diventata una delle granfondo più importanti e amate al mondo. I partecipanti sono 8000, di cui 4000 selezionati tramite sorteggio e 4000 provenienti da partecipanti con diritto di accesso, mentre le richieste totali sono state oltre 27.000. Il 50% dei partecipanti è rappresentato da italiani, mentre l'altro 50% proviene dall'estero. Sono presenti 73 nazionalità, di cui 37 non-europee, la percentuale femminile quest'anno era dell’11%, mentre i volontari che rendono possibile la Maratona sono 1.500 persone. L'evento inizia nel paese di La Villa, vicino a Corvara, e offre tre percorsi. Un percorso breve, noto anche come percorso Sellaronda, di 55 km, con 4 passi e un dislivello di 1780, un percorso medio di 106 km e 6 passi e un dislivello di 3130. La vera Maratona, il percorso lungo con i suoi 4230 m di dislivello, include alcune salite che vengono percorse quasi ogni anno nel Giro d'Italia, nell'ordine in cui vengono affrontate: Campolongo, Pordoi, Sella, Gardena, Giau, Falzarego e Valparola. Un carosello magnifico. Anche la tappa regina del Giro d'Italia di quest'anno, quella da Longarone alle Tre Cime di Lavaredo, ha portato i corridori a percorrere tre passi della Maratona, tra cui il mitico Passo Giau.
Per una panoramica completa del percorso e della storia ascoltate l'episodio della scorsa settimana del podcast Castelli. Ora iniziamo la puntata di questa settimana con Paolo Bettini.

PAOLO BETTINI
La Maratona poi è l'evento, l'evento degli eventi perché si pedala in… l'Italia, come diciamo noi italiani, è bella tutta. Ci sono tantissime zone dove poter pedalare con paesaggi fantastici, con situazioni territoriali bellissime; però da ciclisti, quando poi si tocca con mano le Dolomiti, che hanno scritto pagine e pagine di storia del ciclismo, di grandissime imprese, pertanto arrivare qua e fare questi passi dove hanno pedalato tutti i più grandi campioni della storia del ciclismo, tutti, nessuno escluso, e ti trovi a pedalare piano piano con la tua bici (arrivi su a 2000, 1800, 2000, 2002) è orgoglio perché io l'ho vissuto tante volte anche con le tappe del giro e magari ero in fuga, magari ero staccato, io non ero un grande scalatore pertanto me la cavavo in salita ma era più facile che fossi dietro che davanti, ma ero comunque già in quel momento orgoglioso di aver portato a termine tappe impegnative come queste, pur non vincendo. Immagino cosa vuol dire per i 6.000 e più che sono al via e che partecipano, cosa vuol dire prepararsi a un qualcosa di mostruoso, di grande, perché io comunque sono uno che nella mia vita ho fatto ciclismo ed è vero che la bici dimentica i muscoli un po' di memoria ce l'hanno, ho tanta esperienza, in qualche modo la giornata io riesco a gestirla, ma gran parte di quelli che sono a fare questa esperienza, magari otto mesi fa non sapevano nemmeno che avevano il pettorale, magari sono operai, dipendenti, idraulici, professori universitari o manager d'azienda che erano anni che speravano di pedalare in questo evento e ne conosco. Conosco sia persone semplici, ripeto un operaio o un dipendente, e conosco un manager d'azienda che mi ha chiamato e mi ha detto “anch'io riuscirò a fare la mia prima Maratona” e farà il Sellaronda.
È emozionante e si ritorna all'aspetto dell'umanità, no? Quanto ci accomuna tutto questo e quanto ci rende più umani nel gesto che facciamo con la bici.

SOREN JENSEN
Quando correvi da professionista, avevi tempo per guardarti intorno e goderti il panorama delle Dolomiti o guardavi solo l'asfalto e i corridori che avevi intorno?

PAOLO BETTINI
C'erano dei momenti di gara dove era impossibile guardare fuori dall’asfalto perchè ti scappava il gruppo, e c’erano dei momenti di gara, invece, più rilassanti, più rilassati anche qua in tappe molto dure, dolomitiche dove magari andata via la fuga che stava bene il gruppo, il gruppo lascia fare, ti fai uno due passi tranquillo con il gruppo allargato; magari hai modo anche di guardare, di parlare col tuo compagno, di condividere un momento perché la gara poi è competizione, ma quello che succede nel gruppo da professionisti non è poi così diverso da quello che succede nel mondo amatoriale. E si ritorna alla parte di umanità, la parte umana. Un ciclista che vede in difficoltà un altro ciclista si ferma a dargli una mano. Che sia una foratura, che sia una caduta, che sia un salto di catena, difficilmente viene abbandonato a se stesso. Questo succede normalmente, quotidianamente, anche in questi eventi; è sempre successo anche nel mondo professionistico in gara, perché oggi trovo magari un mio avversario in crisi di fame in mezzo a una valle, no? Bene, se sono in gara perché sto lottando per la vittoria magari ne approfitto anche perché c'è un qualcosa di più grande da portare a casa, ma se sono staccato, sono dietro e lo vedo in difficoltà io cerco di aiutarlo perché oggi è toccato a lui, domani può toccare a me e questa è la storia di umanità all'interno del gruppo anche a livello agonistico.

SOREN JENSEN
Sì è proprio vero, sono delle parole molto importanti Paolo. Torniamo sempre sul discorso di umanità: cosa significa questa parola per te?

PAOLO BETTINI
Umanità vuol dire rispettare l'altra persona, rispettarsi a vicenda e credo che la parola umanità su questo evento di Maratona dles Dolomites di quest'anno si abbina benissimo al ciclismo, perché il ciclismo credo sia, lo sport in generale, ma il ciclismo è lo sport forse che ci accomuna di più sulla parola rispetto, perché quando siamo tutti a fare fatica comunque ci si rispetta, pertanto c'è un profondo concetto di umanità. Essere umani vuol dire rispettare l'ambiente dove vivi e anche qui ancora una volta il ciclismo vince perché è il primo mezzo di trasporto della storia dell'uomo. L'uomo è sceso dal cavallo ed è salito in bici per iniziare a viaggiare; viaggiare nel territorio dove vivi e dove ti dovrebbe portare a rispettarla, anche perché è parte integrante del contesto in cui ogni giorno vivi.
E viaggiare, questo per me è un aspetto nuovo. Per tanti anni sono stato un agonista. Ho corso con un numero sulla schiena, anche qua avrò un numero sulla schiena, ma non dovrò correre, dovrò viaggiare. Perché ogni volta che io salgo in bici ora non è più per me agonismo, è uno stare bene ed è affrontare un mio viaggio, un mio viaggio che serve a me, perché io quando pedalo e quando sono su una salita penso tanto. Tante delle decisioni più importanti della mia vita le ho prese pedalando. Quando poi sono dentro un evento, un evento importante come questo, molto grande, con tantissime persone, diventa un viaggio con me stesso, condiviso con altre persone che nemmeno conosco. Perché un'altra cosa molto bella del ciclismo, che riporta all'umanità, al rispetto reciproco di tutto, è che quando siamo a fare fatica in bici, ci viene spontaneo guardarsi tra ciclisti e immediatamente ci diamo del tu. Questa è una cosa che poche volte viene analizzata. Ci diamo del tu perché stiamo facendo fatica e non c'è dottore, non c'è ingegnere, non c'è politico, non c'è operaio, c'è solo il ciclista con una bici e un viaggio davanti. Pertanto avere un qualcuno che fa fatica con te mentre stai pedalando, ti poni subito al solito livello.

SOREN JENSEN
Io penso di aver fatto la Maratona sei volte dal 2006 e sempre con degli amici per godersi l'evento, il posto e la compagnia. Un anno mi ricordo di aver trovato il mio ex compagno di squadra danese sul Pordoi. Era la prima volta che ci vedevamo dopo quasi venti anni e il mio amico mi aveva riconosciuto per il nome e la bandiera denese che era stampata sul pettorale dietro sulle tasche della maglia. Visto che tanti ex professionisti, incluso Miguel Indurain, o corridori amatoriali hanno fatto la Maratona, hai mai vissuto un'esperienza simile alla mia?

PAOLO BETTINI
Io qualche anno fa ho trovato un mio ex compagno in Quick-Step. Sul Campolongo pronti via mi sento chiamare perché mi ha visto da dietro e io lì per lì ho salutato, lui mi ha affiancato, io l'ho guardato, tutti e due un po' fuori forma, lo guardo e mi sembra di conoscerlo; lui guarda e dice “non mi hai riconosciuto, aspetta…” ha fatto due metri avanti “leggi il numero”, “ma va caca…"!

SOREN JENSEN
Ci sono poche persone che corrono per la classifica, forse al massimo 5% di agonismo.

PAOLO BETTINI
Sì, guarda io l'ho detto oggi e ne sono convintissimo anche perché sempre con Manifattura, con i vari brand giro molto, faccio molti eventi e andiamo in Belgio per il Giro delle Fiandre dove partono 18, 20, a volte 21mila persone. Non ce n'è uno che vuole il risultato, condivide un'esperienza. Questo, la Maratona, è l'unico evento che abbiamo in Italia che dovrebbe essere come quell'evento. Perché le altre granfondo importanti, ok, hanno una loro identità e quant'altro, ma qui proprio per il contesto in cui ci troviamo, per l'armonia, per la condivisione, questa non è solo una gran fondo, questo è un evento, è un expo che chiude con una grande pedalata. Io toglierei la classifica immediatamente.

SOREN JENSEN
Perché?

PAOLO BETTINI
Perché è un 5% e non dà niente in più di valore all'evento che è. Io valorizzerei molto di più le storie che porta questo grande serpente, questo grande gruppo che viaggia sulle Dolomiti, perché dentro ci sono 6500 storie diverse e non è quel 5% di agonismo che rende grande questa manifestazione.

SOREN JENSEN
Quante volte hai fatto i vari percorsi della Maratona e che percorso fai domani?

PAOLO BETTINI
Io farò il medio perché il classico, il Sellaronda l'ho fatto una sola volta, alla mia prima partecipazione. Non sapevo nemmeno che dovevo fare la Maratona quell'anno ma venni perché me lo chiese Alex Zanardi.

SOREN JENSEN
Che anno era?

PAOLO BETTINI
Se non sbaglio era il 2010, era il mio primo anno da commissario tecnico. Aveva questo sogno, c'era un francese che aveva fatto la Maratona anni prima in handbike, chiudendo il Sellaronda in tre ore e quindici minuti più o meno. E lui mi chiese se lo potevo sopportare e mi feci questa esperienza bellissima con lui. Vederlo andare in salita più o meno come un cicloamatore medio e chiudere (poi fece il record perché arrivammo prima del francese) in tre ore e nove minuti pedalando con le mani..

SOREN JENSEN
Impressionante.

PAOLO BETTINI
Io mi ricordo il Sella, il tratto duro del Sella che sono circa tre chilometri e mezzo andava su a 7 all'ora, un cicloamatore normalissimo va su a 9-10 non va su tanto diverso e in discesa impressionante. Io ricordo la discesa del Sella che mi andò via, non riuscivo a stare dietro e la discesa del Gardena che contavamo i minuti per arrivare, no? Si ce la facciamo, lui aveva ancora la sua handbike che non era quella che poi abbiamo visto e vissuto con i suoi grandi risultati alle olimpiadi e quant'altro che era tutta futuristica. Ha applicato il suo mestiere, è andato ad attingere dall'ingegneria automobilistica per portarla sull'ebike. No quella era una ebike normalissima. E prima di scollinare il Gardena ruppe un raggio, io gli dissi “fermati che dobbiamo toglierlo perché continua a sbattere facciamo più danno” lui “no no perdiamo tempo”. Ci fermammo, levai quello rotto e c'aveva questa ruota tutta storta, e in discesa giù per il Gardena sbagliò una curva e uscì largo sbattendo sul guardrail. E io mi ricordo che giù all'arrivo dopo contento perché ci aveva messo tre ore e nove minuti, aveva vinto sè stesso perché poi l'obiettivo non era tanto il francese ma lottare con se stesso, fare un qualcosa, no, personale. Mi venne spontaneo di dirgli Alex “perché te che vieni dal mondo dell'automobilismo e hai un handbike non hai un assetto posteriore come le macchine da gara? Perché hai visto che spacchi i raggi perché hai le ruote in verticale e quando vai a girare strappi”. Pensa cosa ha sviluppato dopo. Dopo aveva la bici con le ruote posteriori completamente aperte (in gergo automobilistico si chiama campanatura). Aveva la campanatura molto aperta per assettare la bici e stabilizzarla in curva. È nato tutto alla Maratona in quell'anno, pertanto ho questo legame. E quell'anno feci il corto, cioè il Sellaronda con lui, solamente una volta ho fatto il lungo e l'ho fatto perché la mattina e si ritorna all'aspetto umano, alla condivisione, a essere legati in qualche modo. Sul Campolongo mi passa uno che stava pedalando, mi saluta e mi stacca. Mi saluta ma così, ma un amico. Io ci rimasi quasi male, pertanto aumentai, vado sotto e gli dico “oh ma ti ho fatto qualcosa?” Era Andrea Berton, commentatore di Eurosport e lui è quello che ha commentato per Eurosport tutte le vittorie della mia carriera, un amico, grande appassionato di ciclismo, mi dice “no scusa Paolo ma sono impegnato perché voglio chiudere il lungo in meno di sei ore”. E a quel punto mi venne spontaneo dirgli “allora io oggi sono il tuo gregario”. Io ero partito per fare il medio e invece tiro dritto con lui, lo porto fino sul Giau, io non avevo chilometri per fare il lungo, infatti sul Giau crampi, crisi di fame, lui va, fa la sua strada e quasi ero dispiaciuto perché quando io salendo il Giau al terzo ponte, al terzo ponticello gli dissi “vai Andrea vai perché io ho finito qua, adesso io me la devo gestire, non ti preoccupare". Era quasi dispiaciuto nel lasciarmi solo, poi capisce e per me lì è stato un calvario. È stato veramente duro passare il Giau, è stato durissimo arrivare sul Valparola, Falzarego e Valparola perché c'era tutto vento contro. Speravo sempre nei gruppetti che mi prendevano da dietro per mettermi a ruota, ma tutti i gruppetti che arrivavano andavano tutti a due all'ora in più di me e non riuscivo a stare dentro. Pertanto è stato veramente pesante. Purtroppo lui non è riuscito nel suo obiettivo perché poi chiuse in 6 ore e 4 minuti. Ecco cos'è la Maratona. Lui aveva una sfida con sè stesso, cioè lui stava correndo contro un qualcosa che era un'asticella, un limite, e lui l'aveva fissato a sei ore e quella era la sua gara, non era vincere la Maratona.

SOREN JENSEN
Visto che ti sei fermato al ristoro sul Giau, almeno ti sei goduto il bel panorama?

PAOLO BETTINI
C'è una foto bellissima di quel giorno al ristoro dove io sono appoggiato alla bici che sto tirando le gambe, non se ne... quando ti farò vedere la foto capirai, ma la trovi facilmente perché poi è stata pubblicata anche da Maratona, me la fece un fotografo di Maratona, e io stavo semplicemente, in maniera molto elegante, facendo stretching perché avevo i crampi ovunque e mi chiedevano di andare a fare altre foto al ristoro e io guardavo il panorama e prendevo tempo perché non potevo camminare perché come provavo a lasciare mi riprendeva il crampo e questo è successo al passo proprio su in cima al Giau, al ristoro, sono stato credo dieci minuti appoggiato alla bici.

SOREN JENSEN
E questi erano due anni dopo che avevi smesso di correre in bici?

PAOLO BETTINI
Allora 2010 la prima con Alex, io ho smesso nel 2008 quindi 2 anni dopo. Con Andrea Berton è molto più recente, credo sia 2017-18. Poi ho sempre fatto il medio.

SOREN JENSEN
Che salita è la tua preferita?

PAOLO BETTINI
Allora, Falzarego, giocando con la lingua italiana, è una salita falsa, è proprio il nome azzeccato. Chi l'ha chiamato Falzarego forse pensava che questa fosse una salita bastarda perché non è dura, è lunghissima, c'è sempre vento contro, non sappiamo mai perché. Se uno sta bene riesce a fare velocità e va su e se la gode. Se uno è in crisi è un calvario.

SOREN JENSEN
È vero. Appena che arrivi al tunnel e si apre il panorama, si vede il Lagazuoi. Quando io mi alzo sui pedali, pedalando sul Falzarego, mi vengono in mente le vecchie fotografie del Giro d'Italia quando le strade non erano ancora asfaltate o i tornanti fatti di pavè che fino a pochi anni fa vedevi sotto l'asfalto salendo il Falzarego.

PAOLO BETTINI
Sì, è vero.

SOREN JENSEN
Sei molto bravo in salita ma in discesa fai quasi paura, è come se fossi incollato all'asfalto.

PAOLO BETTINI
Ma sai, allora sì, poi la storia insegna che anche io sono caduto come capita purtroppo perché poi quando spingi e vai al limite ci sta anche di scivolare o di sbagliare una traiettoria. Però sì, ho sempre avuto questa capacità, forse anche generata dal fatto che sono basso, baricentro molto basso e confidenza con il mezzo, questo sì.

SOREN JENSEN
Sei bravissimo a guidare e a disegnare le traiettorie.

PAOLO BETTINI
Io mi rendo conto ancora oggi quando scendo mi viene spontaneo impostare le traiettorie in un certo modo, leggere la strada in un certo modo e a volte quando sono anche a fare pedalate normali con i miei amici due curve mi trovo sempre solo e mi dicono “ma come scendi?” In realtà io stavo guardando il paesaggio. Però mi viene spontaneo perché credo io ho iniziato a pedalare nell'81, siamo nel 2023, la bici non l'ho mai lasciata praticamente, è un po' il prolungamento del mio corpo, cioè ormai ho la sensibilità di muoverla, di impostarla, che è anche difficile da spiegare perché è un automatismo che ho acquisito in tanti tanti anni.

SOREN JENSEN
Mi ricordo molto molto bene la discesa di Milano-Sanremo 2003 dove in cima al poggio avevate un piccolo vantaggio dal gruppo. Eri con il tuo compagno di squadra di Mapei Luca Paolini e Mirko Celestino di Saeco.

PAOLO BETTINI
È stata l'unica volta dove la fuga, noi siamo arrivati in cima a girare, avevamo 6 secondi sul gruppo e abbiamo dato altri 6 secondi al gruppo in discesa. Normalmente il gruppo ti torna sotto perché poi hai il punto di riferimento. Noi abbiamo scollinato con 6 secondi e siamo arrivati sotto con 12. Si. E chi conosce il finale di una Sanremo...

SOREN JENSEN
Si, una discesa molto tecnica.

PAOLO BETTINI
Molto tecnica dove serve veramente saper guidare, conoscerla. Io la conoscevo benissimo però sai, passavamo ai muretti a due centimetri, sfruttando ogni centimetro della strada.

SOREN JENSEN
Quando scendi dalle salite durante la Maratona, penso che anche oggi lasci andare la bici, ma sempre in sicurezza degli altri.

PAOLO BETTINI
Si, la lascio andare, sì.

SOREN JENSEN
Sicuramente ti senti unito con la tua bicicletta?

PAOLO BETTINI
Nel momento in cui scendo, la mia velocità di sicurezza, nel margine di molta sicurezza, è comunque una velocità troppo alta per chi non è abituato a fare certe discese, che non è un discorso di non saper guidare la bici, ma difficilmente chi non lo ha fatto di mestiere arriva a gestire la bici a settanta, ottanta all'ora e magari metti la mano in tasca all'altro tuo compagno ex professionista perché gli cade qualcosa. Non ci devono guardare troppo, ecco, diciamo così. Diciamo che ci devono guardare ma non imitare perché tante cose ci vengono spontanee e sembra magari agli occhi di uno che non lo ha fatto di mestiere sembra che stiamo prendendo dei rischi, ma in realtà la nostra percezione del rischio è molto più alta.

SOREN JENSEN
Oggi abbiamo i freni a disco. Cos’è cambiato nel ciclismo e nello stile di guida secondo te?

PAOLO BETTINI
Ho corso tantissimi anni, tanti tanti tanti anni poi hanno inventato i freni a disco. Adesso freniamo! Utilizzare il freno a disco per staccare come staccano le moto e impostare le curve è una figata. Prima cercavamo di rallentare e arrivare nel momento giusto per girare, quando pioveva era tutta una fantasia perché non frenava, e oggi si frena. E come con la moto, ripartizione di frenata tutto sull'anteriore, mai piegati, si stacca dritti e ci si butta dentro la curva in piega come fanno con le moto. E' un concetto di frenata diverso ma si guadagnano secondi, tanti secondi in discesa e chi ci vede frenare prende paura perché è un po' come quando la prima volta io sono stato in un autodromo e ho visto girare le macchine in Formula 1 alla prima staccata ho detto van dritti, perché le vedi arrivare a 300 all'ora e in 60 metri si fermano. Di qua non è proprio così ma adesso riusciamo a fare delle staccate notevoli.

SOREN JENSEN
Quante volte all'anno cambi i dischi?

PAOLO BETTINI
Io cambio spesso il disco anteriore del freno perché soprattutto in discese lunghe così, domani no, perché in questa Maratona no, perché non è caldissimo, ma l'anno scorso che era molto caldo sono rientrato con il disco davanti viola, vuol dire che ha raggiunto temperature talmente alte che stempera l'acciaio e il lunedì si cambia il disco.

SOREN JENSEN
E le pastiglie com’erano?

PAOLO BETTINI
Le pastiglie erano ancora buone, era il disco che ha ceduto.

SOREN JENSEN
Un cicloamatore che deve fare la Maratona dles Dolomites per la prima volta, che rapporti deve avere?

PAOLO BETTINI
Rapporti? Ma sai oggi è molto facile, una volta dovevamo costruire la scala rapporti, dovevamo cambiare la cassetta rapporti in base a dove andavamo a pedalare. Oggi con le compact, credo che non possono sbagliare, cioè dipende uno poi dalla sua attitudine, dalla sua preparazione, da quanti chilometri ha nelle gambe ma andando a fare un Giau dopo tanti chilometri e tanti passi io un 34-30 me lo terrei. Che riporti hai montato sulla tua bici per domani? 52-36 anteriore e 11-34 posteriore, vado ovunque.

SOREN JENSEN
Contano anche le gomme larghe e tubeless che abbiamo oggi?

PAOLO BETTINI
È cambiato tutto. Allora sui copertoni ormai c'è questa spaccatura tra chi utilizza ancora la camera d'aria e chi va in tubeless, io su un evento come questo consiglierei camera d'aria tutta la vita e una camera d'aria dietro perché se uno fora in cinque minuti se la cambia perché, ahimè, purtroppo, il tubeless non sempre la schiuma, il lattice che è dentro ti salva, se ti salva è una figata se non ti salva è un casino poichè rimani in mezzo alla strada. Pertanto io utilizzo ancora la camera d'aria, è ancora più pratico per quanto mi riguarda, viaggio più tranquillo, camera d'aria dietro e cambio, copertoni larghezza qui le strade sono buonissime, gli asfalti sono buoni, le discese sono bellissime, io monto un 28mm. Gli rapporti di cadenza della pedalata sono cambiati rispetto a una volta, oggi viene in automatico montato il compact quando uno compra una bicicletta, e anche per tenere una cadenza più agile e fluida. È cambiato tanto perché andando con compact, cioè andando con sviluppo rapporti completamente diverso dai miei tempi è normale che aumentano le pedalate, che si sviluppa a meno metri, non tanto sul massimo rapporto di sviluppo che quello è: 53-11 quello rimane, chi ha il 53 quello è e l'11 quello è. Ma cambia tutta la scala posteriore. Io ho smesso nel 2008 con i 10 rapporti e ho due bici che per me sono molto importanti perché una è la bici con la quale ho vinto Salisburgo 2006, il primo mondiale, e una bici identica ma verniciata in maniera diversa che ho utilizzato due settimane dopo al famoso Lombardia 2006 con due assetti completamente diversi, sia di dimensioni ruote, profilo alto per il Mondiale, profilo basso per Lombardia: 53-39 11-19 per il Mondiale, 11-23 per il Lombardia perché era impegnativo. Questi erano i nostri rapporti, per forza che andavamo non a 90-100 pedalate ma andavamo a 65-70 pedalate. Era un approccio diverso, non si facevano l'SFR a 45-50 pedalate al minuto perché quando prendevi il Mortirolo con 39-25 non facevi più di 55 pedalate al minuto pertanto il massimo sforzo lo avevi a quelle pedalate. Ora criticano gli SFR a quelle pedalate. Sì perché quell'esercizio in gara non lo fai più perché hai altri rapporti. È tutto in base al lavoro che devi fare.

SOREN JENSEN
È vero. Tu non hai mai corso con il compact giusto?

PAOLO BETTINI
Guarda io ho smesso nel 2008, l'anno dopo uscirono le prime compact, fine 2009-2010 misi subito la compact 50-34 11-28 perché la prima era così e ho solo che aumentato i rapporti posteriori. Solo quest'anno sono tornato al 52 36 perché pedalo un po’ di più, perché ho più chilometri nelle gambe, perché riesco a girare un po’ meglio il 52 (anche su percorsi misti) e perché con il 36, avendo ora possibilità di andare al 34 posteriore, va bene anche il 36.

SOREN JENSEN
Dopo due giorni con un po 'di pioggia e le temperature un pochino basse, come consiglieresti ad un cicloamatore di vestirsi domani dove alla partenza potrebbe essere freschino e alcune ore dopo già 20 o più gradi?

PAOLO BETTINI
Allora questa è una di quelle edizioni dove potremmo stare tante ore tra ciclisti a capire come vestirsi domani perchè le ultime edizioni sono state fatte con un gran caldo. Non è un problema, la mattina è un po' fresco ma vai in partenza, ti copri mezz'ora, 40 minuti, poi parti. Quest'anno invece la devono gestire molto bene. Va gestita molto bene perché domani mattina farà molto freddo, prevedono 5-6 gradi, veniamo da due giorni di pioggia. Pertanto c’è tanta umidità relativa che crea quella sensazione di freddo, l'umidità porta aria più fresca. La prima discesa del Campolongo ma soprattutto la seconda del Pordoi è tutta all’ombra.

SOREN JENSEN
Ah sì, sulla discesa del Pordoi è quasi sempre freddo e umido alla mattina.

PAOLO BETTINI
Sì, anche quando è caldo lì c'è fresco, tanto domani lì ci sarà freddo, probabilmente le strade un po' umide. Pertanto, per chi fa il corto il mio consiglio è copritevi perché anche chi va piano e ci mette quattro ore, alle 10 e mezzo sei ancora di rientro, alle 10 e mezzo non è caldissimo, anche se sale arriva a 16, 18.. siamo comunque sotto i 20 gradi. Chi fa il medio e il lungo probabilmente se è vero, come le previsioni dicono, che questa perturbazione se ne va ed esce il sole attenzione perché come esce il sole siamo in estate, arrivare a 24-25 gradi è un attimo e avere troppa roba addosso può diventare problematico pertanto vestitevi a cipolla, copritevi ma in modo da poter in un attimo alleggerirsi ed essere pronti anche se esce il sole a non essere troppo coperti perché poi sennò diventa anche difficile da gestire, no? Io, per esempio domani, il mio set prevede maglia intima leggera, pantalone e maglia gara, manicotti, smanicato, senza maniche. Il senza maniche probabilmente lo lancerò a qualche amico in zona passaggio dall'arrivo, me ne libererò finito i quattro passi per poi proseguire con una bella mantella, un antipioggia perché mi tengo l'antipioggia dietro, piegato, messo sotto, manica lunga perché dice che non piove ma fidarsi è bene, non fidarsi è meglio: siamo in montagna!

SOREN JENSEN
Che salite e discese della Maratona sono le tue preferite e perché?

PAOLO BETTINI
La salita del Gardena è bellissima, il Pordoi è molto bello perché è tutto panoramico, ma la discesa del Gardena e la discesa del Valparola sono fantastiche. La discesa dal passo Gardena che viene qui a Corvara è un autodromo, è un autodromo, è spettacolare.

SOREN JENSEN
Visto che sei bravissimo in discesa, forse questa è una domanda che non dovrei farti, ma qual è stata la tua velocità massima in discesa sul Gardena?

PAOLO BETTINI
Quando si arriva giù nel rettilineo nell'ultimo tratto verso Colfosco io un anno ho toccato 110. C'è una sequenza di curve, sembrano tutte uguali, non ce n'è una uguale all'altra, tutte da interpretare, strada molto larga pertanto sicura, si riesce a fare una velocità incredibile. E anche la discesa del Valparola è bella. E il Valparola più o meno è uguale, non si arriva a toccare i 100 all'ora ma sopra i 90 ci si arriva. Capisci che ora vado piano in salita e mi diverto in discesa.

SOREN JENSEN
Forse c'è da dire che è importante sottolineare che non è consigliato cercare di raggiungere l'alta velocità durante la vostra prossima discesa al Passo Gardena o al Valparola. Paolo Bettini, con oltre 40 anni di esperienza nel ciclismo, di cui 12 anni come professionista e numerose vittorie durante la sua carriera, tra cui due volte la Liegi-Bastogne-Liegi, due volte Il Lombardia, la Milano-Sanremo, la Classica di San Sebastian, Paolo è stato 2 volte Campione del Mondo, e nel 2004 ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene. Paolo è sempre stato conosciuto come uno dei migliori corridori in discesa.
Paolo, grazie mille per aver dedicato tempo per registrare questa puntata del podcast Castelli. È stato molto interessante. Ora raggiungiamo gli altri per cena prima di andare a dormire e ci vediamo domani mattina alla partenza alle 6 e mezza.

PAOLO BETTINI
Grazie a te.

SOREN JENSEN
E come ci siamo detti prima di questa intervista, quest'estate facciamo un giro in bici, strada o gravel giù da te.

PAOLO BETTINI
Ti aspetto in Toscana!

SOREN JENSEN
Grazie veramente, ciao, in bocca al lupo per domani!
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